venerdì 21 gennaio 2011

Su Cerzeto le mani della cricca

Soldi e leggi lampo per foraggiare le ricostruzioni di Anemone e Bertolaso

COSENZA Dove sono finiti i soldi destinati a ripristinare l’area colpita dalla frana il 7 marzo 2005 nel territorio di Cerzeto? È certo questa una delle domande cui l’ex capo della protezione civile, Guido Bertolaso, potrebbe trovarsi a dover rispondere alla magistratura cosentina. Secondo alcune indiscrezioni infatti pare che la procura della repubblica di Cosenza stia indagando su una ipotesi di sperpero di denaro pubblico nella realizzazione di quella new town, ormai in via di ultimazione, progettata subito dopo l’evento franoso.

Lo staff capeggiato sino a un paio di mesi da Bertolaso potrebbe trovarsi anche a dover giustificare tutti gli emolumenti assegnati a progettisti, consulenti, collaboratori e appaltatori della ricostruzione di Cavallerizzo. Ma l’aspetto macroscopico dell’intera vicenda è costituito dal fatto che in quasi sei anni di regime di emergenza non sia stato speso neppure un centesimo per il ripristino del sito franato. E sembra che sia proprio su questo che gli inquirenti potrebbero voler fare piena luce. Ma non è tutto. Giacché l’ex capo della Protezione Civile potrebbe altresì ritrovarsi a dover dettagliare le ragioni che lo indussero ad optare per la costruzione di 300 case, quando a caderne furono soltanto 30 e dovrà magari riuscire a convincere della bontà di quell’idea di de-localizzare l’intero paese, visto che recenti dati dimostrerebbero la totale e definitiva stabilità del vecchio abitato.

Se non bastasse, su Cavallerizzo di Cerzeto c’è tutto lo spettro di quella “cricca” saltata fuori all’indomani delle indagini giudiziarie sul G8 della Maddalena in Sardegna nonché di quelle sul terremoto de L’Aquila. Infatti è proprio Cavallerizzo di Cerzeto a far da “modello” alle operazioni emergenziali architettate da Bertolaso e manovrate dal fedele e onnipresente Diego Anemone, principale punto d i riferimento e attore delle ricostruzioni targate “Prociv SpA”. È proprio Diego Anemone il fac-totum della new town di Cerzeto. La società che ha ricevuto in appalto i lavori è, infatti un’associazione temporanea tra imprese denominata Scarl, con capogruppo la ditta Costruzioni Zinzi srl, di Catanzaro, titolare del 51% dell’appalto. Mentre il restante 49% è diretta filiazione del Gruppo Anenome che si presenta in Calabria con il Consorzio Stabile Centro Italia S.c.p.a.. Del gruppo fanno parte: Impresa Lungarini Spa, di Paolo Lungarini, (gruppo Anemone); Redim 2002 Srl, di Vanessa Pascucci (moglie di Diego Anemone, ovvero gruppo Anemone); Nuove Infrastrutture Srl, di Francesco Lungarini (gruppo Anemone); Marrollo Costruzioni Srl, di Cavaliere Calogero Riccardo Marrollo (Presidente di Confindustria Abruzzo); Società Meridionale Inerti Srl, (Gruppo Marrollo). E non è tutto. Perché ad aver subodorato l’affare new town, anche loro sono i soliti che compaiono in tutti gli affari targati Prociv-Bertolaso: c’è lo studio 5+1AA Agenzia di architettura di Alfonso Femia & Gianluca Peluffo, l’architetto Annalaura Spalla e l’architetto Pierfilippo Cesarini. Un terzetto di tutto rispetto, per essersi occupato del famigerato G8 alla Maddalena ma anche dei mondiali di nuoto a Roma del 2009, della costruzione dell’aeroporto di Perugia, dell’agenzia spaziale italiana, della ricostruzione di San Giuliano di Puglia, nonché di tutta un’altra serie di lavori finiti sotto la voce “Grandi opere” alla vigilia di quell’emendamento che Gianni Letta stava per approvare un anno fa e che avrebbe portato la protezione civile a trasformarsi in una vera e propria Società per Azioni. Tentativo bloccato anche dalle inchieste giudiziarie avviate in Sardegna.

I super poteri della protezione civile di Bertolaso negli ultimi sei anni almeno hanno letteralmente fatto man bassa di risorse economiche e di leggi ad personam. E quasi sempre sotto ogni provvedimento c’è la firma di Gianni Letta. A partire almeno, per il caso che ci riguarda, dal 29 settembre 2005, quando Letta firmò un’ordinanza del presidente del Consiglio, la n.3463, (atto assolutamente incostituzionale poiché promanato da una legge ordinaria che, però, modifica il dettato della norma costituzionale) con la quale si mettono nelle mani di Guido Bertolaso ben 58 milioni e mezzo di euro, «a partire dall’anno 2005» e per il tempo di quindici anni. Quella di Cavallerizzo di Cerzeto, insomma fu una frana destinata a fare scuola. E che scuola. Con una corsia preferenziale che consente alle strutture bertolasiane d’arrivare prima e meglio di tutti in Italia a qualunque fondo economico possibile e immaginabile. Perché la somma base di 58 milioni non è la sola utilizzata.

C’è infatti da capire anche come si sia potuto “piegare” lo scopo dell’otto per mille che, dalla chiesa cattolica è stato “collettato” direttamente alle casse della cricca. Ed ecco le prove: con un Dpm del 30 gennaio 2006, sempre Letta, ripartendo la quota dell’otto per mille dato dagli italiani alla Chiesa cattolica, stabilisce di destinare due milioni e mezzo di euro a quella che, testualmente, è definita nel provvedimento come «emergenza frana di Cerzeto». In quel decreto sono palesi e macroscopiche le differenze, atteso che risponde a ben 1.512 domande di finanziamento per complessivi 11 milioni e 800mila euro. Senza contare che la stessa norma esclude dai beneficiari «le pubbliche amministrazioni». Ma il punto centrale della questione è che neppure un centesimo di quei 2,5 milioni è servito a porre rimedio alla frana, poiché i soldi hanno finito per foraggiare i progetti della new town. Eppure quello dell’otto per mille era uno strumento utilizzato per tutt’altre faccende di ben altro valore sociale: almeno fino a quando quei fondi non son serviti alla grande macchina di Guido Bertolaso.

Risultato. È da quasi sei anni ormai che a Cerzeto vige un regime di emergenza che non si giustifica in nessun modo tranne che per succhiare denaro pubblico in deroga a tutte le leggi dello Stato (l’emergenza dura un anno, poi si passa a regime di ordinaria amministrazione). È da quasi sei anni ormai che il pezzo di territorio franato è rimasto così com’era dopo quel 7 marzo 2005. Nel crollo rimase coinvolta anche una strada provinciale che collega dieci comuni limitrofi, isolati e tagliati fuori dai collegamenti viari, da quella data a oggi. La frana colpì solo l’11,5% dell’abitato di Cavallerizzo (dati della stessa Protezione Civile) costituito totalmente da manufatti posticci, mentre il centro storico, risalente a quattro secoli fa è perfettamente integro in ogni sua parte. I dati di rilevamento satellitare non hanno mai registrato il benché minimo spostamento del centro storico. Per cui sono attualmente 270 le case mai colpite da quella frana. Non è casuale che il Ministero dei Beni Culturali abbia imposto il proprio veto su quella frazione, anzi obbligando le istituzioni al suo recupero ma, anche qui, Bertolaso ha fatto orecchio di mercante.

Insomma, irrisolta l’emergenza frana, la protezione civile continua a vietare agli abitanti di Cavallerizzo di fare ritorno nelle proprie vecchie ma sane e amate case. Sorge il sospetto che senza il divieto d’accesso al vecchio sito, difficilmente si riuscirebbe a giustificare quel colosso edilizio “stampato” cento metri a valle, del tutto identico a quelli che la protezione civile ha programmato in serie per ogni dove vi fosse uno spostamento di terra. Analoga cosa accadde in quel di San Giuliano in Puglia (uguali i costruttori, uguale la cricca), idem per l’Abruzzo, stesso copione per il Messinese salvo l’intervento deterrente della Procura fiorentina di qualche mese addietro.

E il danno non si ferma qui, se si considera che non un solo alloggio della new town potrà essere consegnato a chiunque decida, comunque, di entrarne in possesso poiché mancheranno tutte le opere di urbanizzazione (strade, fogne, reti idriche ed elettriche), che sono a carico del comune di Cerzeto che, purtroppo è in totale collasso finanziario e non potrà in alcun modo provvedere a tali opere. Ma che gli alloggi della new town non sarebbero stati consegnati alla fine dell’anno appena lasciato, lo si sapeva già dai primi giorni di settembre 2009, allorquando l’amministrazione comunale prorogava sino al 2012 l'erogazione del contributo specifico destinato agli sfollati. Si chiama contributo di autonoma sistemazione (Cas) e fu istituito dalla presidenza del consiglio dei ministri pochi giorni dopo la frana che colpì, il 7 marzo 2005, una parte del territorio di questo comune italo-albanese del Cosentino.


LUIGI GUIDO - CALABRIA ORA pag 14 martedì 4 gennaio 2011